§ 1. Causae canonizationis Servorum Dei reguntur peculiari lege pontificia.
§ 2. Iisdem causis applicantur praeterea praescripta huius Codicis, quoties in eadem lege ad ius universale remissio fit vel de normis agitur quae, ex ipsa rei natura, easdem quoque causas afficiunt.
§ 1. Le cause di canonizzazione dei Servi di Dio sono regolate da una legge pontificia peculiare.
§ 2. Alle stesse cause si applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura stessa della cosa le riguardano.
§ 1. Die Verfahren zur Kanonisation der Diener Gottes werden durch besonderes päpstliches Gesetz geregelt.
§ 2. In diesen Verfahren finden außerdem die Vorschriften dieses Gesetzbuches Anwendung, sooft in diesem Gesetz auf das allgemeine Recht Bezug genommen wird oder es sich um Normen handelt, die aus der Natur der Sache auch auf diese Verfahren zutreffen.
Cann. 1999-2141; Paulus PP. VI, m.p. Sanctitas clarior, 19 mar. 1969 (AAS 61 [1969] 149-153); Paulus PP. VI, Const. Ap. Sacra Rituum Congregatio, 8 maii 1969 (AAS 61 [1969] 297-305); Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Decr. Ne ob diuturnum, 3 apr. 1970 (AAS 62 [1970] 554-555); Sacra Congregatio pro Causis Sanctorum, Notif., 16 dec. 1972.
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De iure quo regitur (§ 1)
Nel Codice del 1917 la materia («De causis beatificationis Servorum Dei et canonizationis Beatorum») era trattata diffusamente nei cann. 1999-2141, quale pars secunda del Liber IV De processibus.
Nel Codice vigente la normativa peculiare sulle cause di canonizzazione è stata espunta e si è preferito stabilire un semplice rimando. L’intera tormentata vicenda che ha visto l’espunzione della normativa e la soluzione di compromesso della introduzione del can. 1403 (voluta da Paolo VI), è dettagliatamente esposta, con documenti anche inediti, in E. Spedicato, Le cause di canonizzazione alla luce del diritto processuale. Analisi testuale e contestuale del can. 1403, Roma 2017, 114-129.
La peculiare legge a cui si rimanda nel can. 1403 § 1 è la costituzione apostolica Divinus perfectionis magister, promulgata ed entrata in vigore nello stesso giorno della promulgazione del Codice, il 25 gennaio 1983. La citata costituzione apostolica ha abrogato «tutte le leggi di qualsiasi genere al riguardo» (proemio), per cui la legislazione oggi applicabile alle cause di beatificazione e canonizzazione è esclusivamente quella promulgata nella citata costituzione apostolica e la normativa pubblicata in connessione con essa.
Le linee di riforma rappresentate nella costituzione apostolica Divinus perfectionis magister sono due: 1) «rationis agilitatem» (proemio), ossia l’agilità della procedura; 2) «ipsi Episcopi magis Apostolicae Sedi socientur» (proemio), ossia un maggior coinvolgimento dei Vescovi diocesani nelle cause dei Santi in nome della rinnovata dottrina conciliare della collegialità episcopale.
La costituzione apostolica regola: 1) sommariamente la c.d. fase diocesana delle cause di canonizzazione, rimandando a «peculiares Normas a Sacra Congregatione pro causis Sanctorum edendas» (art. 2); 2) la parte statica della Sacra Congregazione per le cause dei Santi (artt. 3-12); 3) la parte dinamica, ossia la procedura presso la Congregazione, ossia la c.d. fase romana delle cause dei Santi.
La Congregazione per le cause dei Santi ha emanato il 7 febbraio 1983 le norme che reggono l’inchiesta diocesana nonché il decreto circa le cause pendenti al momento dell’entrata in vigore della nuova legge.
Più recentemente la medesima Congregazione delle cause dei Santi ha pubblicato una estesa e minuziosa «Istruzione per lo svolgimento delle Inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi». Lo scopo che si prefigge l’istruzione è quello previsto nel can. 34: «intende chiarire le disposizioni delle leggi vigenti nelle cause dei Santi, facilitare la loro applicazione e indicare i modi della loro esecuzione sia nelle cause recenti che in quelle antiche» (proemio).
La normativa di rinvio (§ 2)
Per quanto attiene al § 2, la vigente costituzione apostolica Divinus perfectionis magister non rinvia in nessun luogo al diritto universale (processuale). Poiché dunque il can. 1403 § 2 prevede che sia la «eadem lex» ossia la «peculiaris lex pontificia» a rimettere al diritto universale quale condizione per l’applicazione anche («praeterea») delle disposizioni («praescripta») di questo Codice, si deve concludere che per questa via non si dà applicazione del Codice alle cause dei Santi.
Il diritto processuale del Codice è chiamato ad integrare la normativa sulle cause dei Santi, oltre il semplice caso di lacuna legis (cf. can. 19), cui il § 2 peraltro sembra derogare. Come appare dalla stessa denominazione, tali cause, per la loro struttura, rientrano nell’orizzonte processuale codiciale: si tratta infatti in esse di conseguire la certezza morale in ordine ad alcuni fatti (quali l’eroicità delle virtù e i miracoli), oggetto appunto del processo giudiziale contenzioso (cf. can. 1400 § 1, 1°). Pare questo il significato largo da attribuire alla clausola «quoties […] de normis agitur quae, ex ipsa rei natura, easdem quoque causas afficiunt».
Indice di una nuova maggiore apertura nelle cause dei Santi al diritto processuale codiciale è senz’altro la istruzione Sanctorum Mater, che negli articoli 1 e 2 riassume la gerarchia delle leggi che regolano la materia:
– «Dette cause sono finalizzate alla raccolta delle prove per raggiungere la certezza morale sulle virtu` eroiche o sul martirio» (art. 1 § 2; corsivo aggiunto): ciò comporta l’assunzione e l’applicazione del concetto di certezza morale del Codice (cf. can. 1608);
– «Fatte salve le prescrizioni particolari» (art. 1 § 3, prima proposizione): prevalgono le disposizioni emanate specificatamente per le cause dei Santi nella costituzione apostolica Divinus perfectionis magister e nella presente istruzione, che in non pochi casi ripropone il testo dei canoni;
– «nelle suddette cause si devono osservare anche le norme sui processi del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, che riguardano la procedura per la raccolta delle prove documentali e, in particolare, quelle per l’escussione dei testi» (art. 1 § 3, seconda proposizione): il riferimento (non esaustivo) è in nota al can. 1403 § 2;
– «Nella presente Istruzione l’Inchiesta equivale al processo che, nel diritto canonico precedente, veniva istruito nelle cause di beatificazione e canonizzazione» (art. 2): si tratta di una explicatio verborum, che intende mantenere il termine inquisitio ormai recepito nei testi recenti, ma neutralizzare la sua valenza anticodicistica o antiprocessualistica che aveva, proponendo ora una identificazione tra inquisitio e processus.
L’espunzione dal Codice della normativa sulle cause di beatificazione e canonizzazione e la sua immediata evoluzione corrisponderebbe al prevalere in esse dell’impostazione storico-critica a scapito della impostazione processualistica . Al di là dell’inaccettabile contrapposizione tra metodo storico e metodo giuridico, il § 2 costituisce un punto di equilibrio e molto più i recenti documenti mostrano un maggiore apprezzamento della normativa processuale per il raggiungimento di un risultato oggettivo.
Si può, per esempio, considerare la vicinanza di alcune prescrizioni dell’istruzione alla normativa processuale codiciale:
– art. 61: «Le Sessioni si svolgono nella sede stabile del tribunale diocesano […]»;
– art. 68 § 3: «[…] le prove vanno raccolte formalmente con un processo canonico»: l’affermazione intende sostenere la proibizione di affidare l’ufficio di periti al postulatore (cf. pure art. 19 § 2);
– art. 70 § 1: «Cancelliere della diocesi» (cf. pure artt. 48 § 2; 90 § 2); in realtà si tratta del Cancellarius curiae;
– art. 75 § 1: «La Relazione deve essere firmata in solidum, ossia da tutti i periti…»;
– art. 76 § 1: «I periti devono essere chiamati a deporre separatamente come testi d’ufficio» (cf. pure art. 110 § 3);
– art. 79 § 3 = can. 1564;
– art. 80 § 1 = can. 1565 § 1;
– art. 82: «[…] ”ne pereant probationes” […]»;
– art. 83 § 1 «[…] “ad rei perpetuam memoriam” […]»;
– art. 90 § 2: «Poiché nessuno può convalidare un proprio atto giuridico»;
– art. 91 § 4: Promotore di Giustizia;
– art. 94 = can. 1559;
– art. 101 §§ 1-2: circa i confessori;
– art. 102: il postulatore durante munere non può essere teste;
– art. 103 § 2: «[…] diversamente, la sua testimonianza è da ritenersi nulla» se senza fonte;
– art. 108 §§1-4: persona che interroga e a sua volta interrogata.
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In ordine cronologico
Communicationes 40 (2018) 558; 41 (2019) 219; 40 (2018) 535; 1 (1969) 106; 10 (1978) 210; 212.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.