In ceteris casibus, nisi intra decem dies, ex quo petitio de qua in can. 1734 ad ipsum auctorem decreti pervenit, is exsecutionem suspendendam decreverit, potest suspensio interim peti ab eius Superiore hierarchico, qui eam decernere potest gravibus tantum de causis et cauto semper ne quid salus animarum detrimenti capiat.
In tutti gli altri casi, a meno che l’autore stesso del decreto, entro dieci giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui nel can. 1734, non abbia deciso di sospendere l’esecuzione, la sospensione può frattanto essere richiesta al suo Superiore gerarchico, che la può decidere soltanto per cause gravi ed evitando sempre che la salvezza delle anime subisca danno.
Hat in den sonstigen Fällen derjenige, der ein Dekret erlassen hat, nicht innerhalb von zehn Tagen nach Empfanf des in can. 1734 erwähnten Antrages die Aussetzung des Vollzuges verfügt, so kann die Aussetzung zwischenzeitlich bei seinem hierarchischen Oberen beantragt werden; dieser kann sie nur aus schwerwiegenden Gründen und stets mite der Vorsorge verfügen. Dass das Heil der Seelen keinen Schaden leidet.
Se e per quanto la richiesta di sospensione rimane insoddisfatta presso l’autore dell’atto, la medesima richiesta può essere rivolta al Superiore gerarchico. Non pare che tale richiesta al Superiore gerarchico abbia l’andamento di un ricorso (gerarchico) avverso la negazione della sospensione da parte dell’autore dell’atto: unico termine stabilito è quello di dieci giorni ante quem non, ossia non si può adire il Superiore gerarchico prima di dieci giorni di silenzio dell’autore dell’atto sull’istanza di sospensione. È chiaro però che questo termine è abbreviato se l’autore del decreto espressamente negasse la sospensione prima dei dieci giorni concessigli. La grave causa. Quanto alla grave causa, essa è richiesta esplicitamente nei cann. 1736 § 2 e 1737 § 3. Il primo canone tratta della sospensione provvisoria. In questo caso le “gravi cause” paiono essere richieste appunto per la necessità di provvedere tempestivamente, prima cioè che il ricorso gerarchico giunga per la sua trattazione nel merito al Superiore gerarchico. L’anticipazione (di non molti giorni, per la verità) del coinvolgimento del Superiore gerarchico nella (richiesta di) sospensione richiede una grave causa. Se non c’è una urgenza (= grave causa), si attenderanno i tempi del can. 1737 § 3. Tre le interpretazioni possibili. La prima identifica precisamente la grave causa nel bilanciamento della fondatezza del ricorso e dell’irreparabilità del danno, che diventerebbero sinonimi. La seconda può collegarsi al fatto che il paragrafo sembra supporre che l’autore del decreto abbia negato la sospensione e, pertanto, il Superiore gerarchico agirebbe in forma contraria all’autore del decreto. La terza ritiene che il Legislatore abbia voluto positivamente aggiungere la richiesta per il Superiore gerarchico di una specifica clausola, la grave causa, appunto. E ciò per la distanza dall’ambiente in cui è sorto l’atto impugnato, che pone il Superiore gerarchico in una condizione di svantaggio rispetto all’autore dell’atto. La salvezza delle anime. Quanto all’evitamento che la salvezza delle anime subisca danno (previsto sia nel can. 1736 § 2 sia nel can. 1737 § 3), si deve riconoscere che, letto in forma assoluta, è un limite che meraviglia, perché si potrebbe desumere che ci siano casi in cui l’autorità ecclesiastica possa agire con (pericolo di) danno per la salvezza delle anime. In realtà pare che si debba collegare in forma ragionevole al fatto che nei casi indicati il Superiore gerarchico interviene a concedere la sospensione di un atto negata dall’autore dell’atto e che, verosimilmente, l’atto, già in parte eseguito, viene sospeso, con possibile meraviglia e sbandamento dei fedeli, che potrebbero rilevare un andamento non lineare nelle decisioni di autorità ecclesiastiche diverse.
Il mancato andamento di ricorso gerarchico della richiesta di sospensione al Superiore gerarchico è gravido di conseguenze, soprattutto della mancanza di un rimedio all’inerzia, ossia al silenzio dell’autorità ecclesiastica.
Il potere del Superiore gerarchico in questa fase è severamente limitato: può sospendere l’esecuzione:
– “interim”, ossia in modo provvisorio;
– per gravi cause;
– evitando un danno alla salvezza delle anime.
È con una certa sorpresa che si rileva nel Codice un duplice limite per il Superiore gerarchico che dispone la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. La sorpresa nasce dal raffronto con il can. 1739: il Superiore gerarchico che una potestà pressoché illimitata ha sulla decisione dell’autore del decreto impugnato, ha una potestà più ridotta dell’autore del decreto quanto alla sospensione dell’atto.
Una ragione che rende almeno parzialmente plausibile la limitazione del Superiore gerarchico è nella estraneità del medesimo Superiore all’ambiente e alla vicenda da cui è sorto l’atto impugnato: un’estraneità strutturale sia perché, almeno ordinariamente, il Superiore gerarchico è lontano dai luoghi dell’atto impugnato sia perché il Superiore gerarchico non ha fino ad allora preso visione di tutti gli atti del ricorso e non ha formulato il suo giudizio definitivo sul ricorso stesso. Donde la limitazione, che nasce dalla prudenza.
Le limitazioni formulate sono due: è richiesta una grave causa e l’evitare ogni detrimento che la salvezza delle anime potrebbe subire.
Montini, G.P., I ricorsi gerarchici (Cann. 1732-1739). Edizione aggiornata, riveduta e corretta, Roma 2023, 204-205; 212-217.
Montini, G.P., Los recursos jerárquicos (cc. 1732-1739), Madrid 2021, 161-162; 168-172.
Communicationes 2 (1970) 191-194; 4 (1972) 35-38; 5 (1973) 235-243; 8 (1976) 184.199; 9 (1977) 72; 16 (1984) 79-89; 41 (2009) 175-176; 353.444; 42 (2010) 69-142; 381-436; 43 (2011) 209-257; 439-467.