Si qua persona interroganda utatur lingua iudici vel partibus ignota, adhibeatur interpres iuratus a iudice designatus. Declarationes tamen scripto redigantur lingua originaria et translatio addatur. Interpres etiam adhibeatur si surdus vel mutus interrogari debet, nisi forte malit iudex quaestionibus a se datis scripto respondeatur.
Se qualche persona da interrogare usi una lingua sconosciuta al giudice o alle parti, si ricorra ad un interprete giurato designato dal giudice. Le dichiarazioni siano tuttavia redatte per scritto nella lingua originaria e vi si aggiunga la traduzione. Si ricorra parimenti all’interprete qualora si debba interrogare un sordo o un muto, a meno che il giudice eventualmente non preferisca che si risponda
per scritto alle domande poste.
Spricht jemand, der zu befragen ist, eine dem Richter oder den Parteien unbekannte Sprache, so ist ein vom Richter bestimmter vereidigter Dolmetscher beizuziehen. Die Aussagen sind aber schriftlich in der Originalsprache zu protokollieren unter Beifügung der Übersetzung. Ein Dolmetscher ist ferner bei der Befragung eines Tauben oder Stummen beizuziehen, wenn der Richter es nicht etwa vorzieht, seine Fragen schriftlich beantworten zu lassen.
c. 1641; SN cann. 156 § 2, 301.
Instructio Dignitas connubii, art. 172:
Si qua persona interroganda utatur lingua iudici ignota, adhibeatur interpres iuratus a iudice designatus. Declarationes tamen scripto redigantur lingua originaria et translatio addatur. Interpres etiam adhibeatur si surdus vel mutus interrogari debet, nisi forte malit iudex quaestionibus a se datis scripto respondeatur.
Formazione del canone Normativa
La formazione del canone è stata piuttosto laboriosa.
Il punto di partenza fu il can. 1461 CIC17, che trattava esclusivamente dell’interrogatorio di una persona di lingua sconosciuta al giudice e alle parti, prevedendo l’intervento dell’interprete. Nella prima revisione a ciò si volle aggiungere fin da subito una normativa analoga riguardante persone sorde e/o mute, mutuata dal motu proprio Sollicitudinem Nostram per le Chiese orientali (cf Communicationes 38 [2006] 74). Subito si fece osservare l’importanza che il verbale dell’interrogatorio fosse redatto nella lingua della persona che aveva deposto, permettendogli in tal modo di confermare le proprie affermazioni con sicurezza (cf ibid.). Si giunse così alla decisione, rifluita poi nel primo Schema, di aggiungere al testo del can. 1461 CIC17 la normativa sul verbale della sessione: «Illius autem declarationes scripto redigantur lingua originaria et translatio addatur» (Communicationes 41 [2009] 372; il testo originariamente proposto ibid., 38 [2006] 75), mentre la normativa sui sordi e/o muti veniva a costituire un nuovo canone: «Si pars vel testis sit surdus, mutus, vel surdus et mutus, interrogationes vel responsiones vel utraeque scripto fieri possunt, nisi iudex interpretis opera uti malit» (Communicationes 41 [2009] 372; cf ibid., 38 [2006] 75; per i testi di Sollicitudinem Nostram cf can. 156 § 2, in AAS 42 [1950] 39, e can. 301, ibid., p. 68).
Dopo la consultazione degli organi sul primo Schema, la revisione portò ad una semplificazione, fondendo in un solo canone le disposizioni (cf Communicationes 10 [1978] 262), portando così a qualche omissione di specificazioni.
L’obbligo dell’intervento dell’interprete è assoluto nel caso di una persona da sottoporre ad esame giudiziale se la sua lingua sia sconosciuta al giudice o alle parti.
Il can. 1471 riconosce a chi è ammesso legittimamente a deporre di fronte al giudice, il diritto di essere interrogato nella propria lingua usata abitualmente. Esprimersi nella propria lingua è una garanzia notevole del diritto di azione, di partecipazione e di difesa nel processo.
Si deve annotare che l’interprete non è obbligatorio se la persona usa una lingua diversa da quella o da quelle ammesse nel tribunale: in modo più pragmatico si fa riferimento solo alla lingua di fatto sconosciuta al giudice o alle parti.
L’art. 172 DC omette la menzione delle «parti». Le ragioni possono essere varie. Per la verità se e per quanto le parti non possono assistere agli interrogatori, non vi è ragione di richiedere l’interprete se la lingua è sconosciuta alle parti. In ogni caso le parti potranno chiedere successivamente la traduzione degli atti. Nel caso, invece, in cui il giudice preveda di ammettere (anche nelle cause di nullità matrimoniale) le parti all’interrogatorio, l’interprete dovrà intervenire.
Il tribunale potrebbe disporre di giudici che di fatto conoscono quella determinata lingua e la stessa deputazione del giudice per quella causa potrebbe giustificare l’eccezione alla peraltro obbligatoria turnazione dei giudici nell’assegnazione delle cause (cf. can. 1425 § 3). Qualche perplessità nasce però dal fatto che vengano trascurati gli altri che intervengono nel processo: notai, difensori del vincolo e promotori di giustizia, avvocati. Non si potrà certamente evitare l’interprete nel momento in cui ai rimanenti che intervengono nel processo la lingua dell’interrogato sia sconosciuta. Si deve poi considerare che il grado di conoscenza di una lingua varia e giudice della sufficiente conoscenza della medesima è lo stesso giudice che dovrà decidere se nominare oppure no un interprete. Nel dubbio l’interprete va nominato.
Nel caso che si ricorra all’interprete, al giudice (preside del collegio o giudice unico) spetta la designazione; l’interprete dovrà prestare giuramento (cf can. 1454) e potrà essere ricusato (cf cann. 1448-1449). Le norme del tribunale devono prevedere le tariffe per il loro onorario (cf can. 1649 § 1, 2°).
Il verbale sarà redatto dall’interprete nella lingua nella quale è stato condotto l’esame giudiziale e si dovrà poi aggiungere la traduzione ad opera dello stesso interprete. L’interprete firmerà il verbale con gli altri che vi sono tenuti.
Per l’esame giudiziale di un sordo, di un muto o di un sordomuto al giudice è concessa l’opzione tra l’ausilio dell’interprete e un interrogatorio scritto, ossia a risposte scritte a domande poste dal giudice oralmente o per iscritto.
Bamberg, A., Culture sourde, droit canonique et déontologie professionnelle. Réflexion à partir des interprètes pour Sourd, in Ephemerides theologicae lovanienses 81 (2005) 200-215.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 74-75; 100; 41 (2009) 372; 10 (1978) 262.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.