Vicarius iudicialis, Vicarii iudiciales adiuncti et ceteri iudices nominantur ad definitum tempus, firmo praescripto can. 1420, § 5, nec removeri possunt nisi ex legitima gravique causa
Il Vicario giudiziale, i Vicari giudiziali aggiunti e gli altri giudici sono nominati a tempo determinato, fermo restando il disposto del can. 1420, § 5, e non possono essere rimossi se non per causa legittima e grave.
Der Gerichtsvikar, die beigeordneten Gerichtsvikare und die übrigen Richter werden unter Wahrung der Bestimmung des can. 1420, § 5 auf bestimmte Zeit ernannt; sie können nur aus einem rechtmäßigen und schwerwiegenden Grund ihres Amtes enthoben werden.
cc. 387-388, 1573 § 5, 1574 § 2.
L’indipendenza nell’esercizio della potestà giudiziale trova nella stabilità soggettiva nell’ufficio dei suoi titolari una garanzia e una tutela. La durata nell’ufficio «Firmo praescripto can. 1420, § 5» Stabilità
Il canone stabilisce i termini della stabilità.
Gli uffici di vicario giudiziale, vicario giudiziale aggiunto e giudice devono essere conferiti a tempo determinato, stabilito in una normativa o, in sua mancanza, nel decreto di nomina.
Purtroppo il canone non determina la durata del tempo, che pertanto è rimessa all’autorità competente (il vescovo diocesano per il tribunale diocesano).
La ratio legis impedisce che il tempo determinato sia troppo breve. Un arco di tempo troppo limitato impedisce non solo la serenità del giudizio, ma anche l’acquisizione di esperienza. D’altronde non si può tralasciare di ricordare che:
– nel Codice previgente il can. 387 § 1 (cf can. 1574 § 2 CIC17) la durata era decennale;
– alcune alte magistrature nella Chiesa non hanno limite di tempo, se non quello della vecchiaia.
Più volte la Segnatura Apostolica è intervenuta a censurare periodi di nomina troppo brevi.
Il richiamo al can. 1420 § 5 non è del tutto perspicuo, in quanto quel prescritto comporta almeno tre elementi: la mancata cessazione durante la sede vacante, la irremovibilità da parte dell’amministratore diocesano e la necessità della conferma con l’avvento del vescovo.
Di questi tre elementi la clausola in oggetto è richiamata sicuramente per il terzo, ossia la necessità della conferma: infatti anche se il tempo determinato non è cessato, con l’avvento del vescovo è necessaria la conferma, rifiutata la quale, l’ufficio cessa.
È dubbio che la clausola sia richiamata per il secondo elemento: siccome già il can. 1420 § 5 prevede esplicitamente per il vicario giudiziale e per i vicari giudiziali aggiunti che non possano essere rimossi dall’amministratore diocesano, il suo richiamo qui estenderebbe quella tutela anche ai giudici.
Più problematica la valenza della clausola in riferimento al primo elemento, ossia la mancata cessazione durante la sede vacante. Nel commento al can. 1420 § 5 è stato facile interpretare che «[n]on significa questa norma che in tempo di sede vacante non si possa dare la cessazione dall’ufficio per altre ragioni, quali la rinuncia o lo spirare del tempo prestabilito», perché in quel canone non vi era riferimento al tempo determinato della nomina. Ma nel can. 1422 c’è quel richiamo al tempo determinato e quindi astrattamente la clausola in oggetto potrebbe essere interpretata nel senso che se il tempo determinato cadesse durante la sede vacante non produrrebbe la cessazione dall’ufficio finché la sede è vacante: si tratterebbe di una specie di proroga automatica del tempo determinato. La clausola però non può essere interpretata in questo modo: lo impedisce l’uso comune che è attribuito all’espressione «non cessa durante la sede vacante», che intende semplicemente avvertire o stabilire che la vacanza non incide sull’ufficio facendolo cessare automaticamente. In conclusione anche l’ufficio dei giudici non cessa durante la sede vacante, non escludendo però una sua cessazione in ragione di altre cause (rinuncia, spirare del tempo prestabilito, ecc.).
Il canone equipara quanto alla stabilità vicario giudiziale, vicario giudiziale aggiunto e giudici, mentre nel Codice previgente i vicari giudiziali (anche aggiunti) erano «ad nutum Episcopi», probabilmente per analogia con il vicario generale (cf can. 366 § 2).
La richiesta di una causa legittima e grave tutela in modo efficace la stabilità. Per un esempio di rimozione cf supra, commento al can. 1420 § 4.
Franchetto, F., Il vicario giudiziale e il vicario giudiziale aggiunto, in Aa.Vv., I soggetti del nuovo processo matrimoniale canonico, Città del Vaticano 2018, 129-156.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 41; 52; 41 (2009) 358; 10 (1978) 232.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.