Iudicio expleto, documenta quae in privatorum dominio sunt, restitui debent, retento tamen eorum exemplari.
Terminato il giudizio i documenti che sono proprietà di privati devono essere restituiti, conservandone però un esemplare.
Nach Abschluss des Verfahrens müssen Urkunden, die Eigentum von Privatpersonen sind, diesen wieder zurückgegeben werden; eine Abschrift ist jedoch zurückzubehalten.
c. 1645 § 1.
Instructio Dignitas connubii, art. 91 § 1:
Iudicio expleto, documenta quae in privatorum dominio sunt, restitui debent, retento tamen eorum exemplari a notario signo authenticitatis munito.
Supremum Signaturae Apostolicae Tribunal, Decretum generale exsecutorium de actis iudicialibus conservandis, 13 augusti 2011, prot. 42047/08 VT, in AAS 103 (2011) 626-628:
Saepe saepius Episcopi Moderatores et Vicarii iudiciales ad hoc Supremum Tribunal animadversiones atque quaesita transmittunt de actis iudicialibus, post expleta iudicia, conservandis. Nam onus eadem asservandi in dies gravius Tribunalibus incumbit, praesertim ob numerosiores causas nullitatis matrimonii ab annis septuaginta praeteriti saeculi apud Tribunalia Ecclesiastica pertractatas necnon ob actorum iudicialium incrementum praesertim ex usu exemplarium luce impressa confectorum.
Usque adhuc haec Signatura Apostolica responsa dedit in casibus particularibus, acta iudicialia post decem annos a conclusione processus destrui posse concedens duabus sub condicionibus, id est, originales decisionum textus semper servandos esse atque cetera acta adhibitis mediis technicis recentioribus asservanda esse, ita ut integra reproduci possint quotiescumque opus sit.
Ad hanc materiam aptius moderandam, tamen, non una responsione pro omnibus Tribunalibus Ecclesiasticis opus est, cum adiuncta sive oeconomica sive loci, quibus Tribunalia afficiuntur, non unius generis sint. Nec, ceterum, opportunum apparet rem relinquere statutis vel decisionibus particularibus, cum abusus in re tanti momenti irrepere possint.
Quibus praehabitis,
SUPREMUM SIGNATURAE APOSTOLICAE TRIBUNAL
Pro comperto habito principio generali iuxta quod acta iudicialia, expleto nullitatis matrimonii iudicio, saltem usque ad mortem alterutrius coniugis conservanda sunt tutiore quo potest modo, etiam ad rem adhibitis mediis technicis recentioribus, decisionibus tamen definitivis sub originali servatis;
Perspectis autem oneribus in dies gravioribus, quae pro recta actorum iudicialium conservatione Tribunalibus incumbunt;
Animadverso ceterum quod iudicis competentis est nimiam actorum multitudinem refrenare sive ex sedula canonum applicatione (cf. praesertim can. 1527, § 1; art. 157, § 3 Instructionis Dignitas connubii) sive, quantum fieri potest, ex recentioribus mediis technicis, cum debitis cautelis applicandis;
Considerato canonis 489, § 2 praescripto in re simili lato;
Firmo praescripto can. 1475, § 1 (cf. art. 91, § 1 praefatae Instructionis);
Visis praescriptis canonum 1472, 1492, 1522, 1525, 1598, 1611, 1621, 1643, 1644, 1646, 1684 (cf. artt. 88; 148; 151; 235, § 1; 250; 271; 289, § 1; 290 eiusdem Instructionis);
Salvis legibus Tribunalium Apostolicae Sedis (can. 1402);
Vi artt. 121 et 124, n. 1 Const. Apost. Pastor bonus (cf. etiam can. 1445, § 3), artt. 32, 35 et 112 Legis propriae, qua hoc Supremum Tribunal regitur, atque can. 31, § 1;
Re sedulo bis examini subiecta in Congressu coram infrascripto Praefecto habito;
Audito Pontificio Consilio de Legum Textibus ad normam art. 131, § 5 Ordinationis generalis Romanae Curiae;
Huius decreti textu ab Em.mis et Exc.mis Patribus Supremi Signaturae Apostolicae Tribunalis, in plenario Coetu diebus 3-4 februarii anni 2011 coram infrascripto Praefecto habito, recognito et probato, atque Summo Pontifici ad normam art. 131, § 6 praefatae Ordinationis porrecto, eoque a Benedicto PP. XVI die 20 Iulii 2011 approbato,
decrevit:
Si grave incommodum constituat actorum iudicialium conservatio, quocumque tuto modo peracta, etiam recentioribus mediis technicis adhibitis, Episcopis Moderatoribus Tribunalium Ecclesiasticorum competere ut, omnibus adiunctis aeque ponderatis, normas edant de actis iudicialibus causarum nullitatis matrimonii, statutis temporibus, destruendis, his sub condicionibus:
– causae de quibus saltem a viginti annis conclusae sint;
– de iisdem singulis causis semper serventur, sub textu originali vel exemplari authentico, sententiae definitivae, decreta confirmatoria, decisiones vim sententiae definitivae habentes et, si quae sint, pronuntiationes interlocutoriae.
Datum Romae, e Sede Supremi Signaturae Apostolicae Tribunalis, die 13 Augusti 2011.
Raimundus Leo S.R.E. Card. Burke
Praefectus
+ Franciscus Daneels, O. Praem.
Secretarius
Formazione del canone La conservazione degli atti dopo il giudizio Ambito Auspici Decisione demandata ai Moderatori Il termine di tempo
In un primo momento dell’iter di revisione si propose di mantenere la materia dei §§ 1-2 e 4 del can. 1645 CIC17 (cf Communicationes 38 [2006] 75-76), ma in seguito alla consultazione si decise di limitarsi al § 1 (cf ibid., 10 [1978] 264). Il prescritto viene riportato pressoché identico, con l’eccezione della specificazione che gli atti da restituire sono quelli di «proprietà di privati» e senza particolari normative sulle cause penali (cf can. 1645 § 1 CIC17).
Soggiace alla normativa di questo paragrafo la domanda circa la conservazione degli atti dopo la celebrazione del processo.
Le disposizioni sulla conservazione degli atti giudiziali expleto iudicio sono piuttosto frammentarie e lacunose sia nel Codice del 1917 sia nel Codice vigente. La ragione contingente è forse comprensibile sia in relazione alle più importanti disposizioni che urgevano sia in relazione alle consuetudini e alle norme particolari che vi provvedevano sia in relazione al numero relativamente modesto di cause.
Di fatto il Codice vigente prevede solo che:
– i documenti di proprietà di privati siano restituiti, trattenendone una copia (cf can. 1475 § 1), autenticata dal notaio (cf art. 91 § 1 DC);
– atti e documenti acquisiti al processo non possano essere dati in copia senza mandato del giudice (cf can. 1475 § 2).
Si può solo inferire per via logica e analogica, data la caducazione del prescritto del can. 1645 § 2 CIC17, che gli atti dopo il giudizio in archivo reponantur.
Il quomodo della conservazione degli atti in archivio rimaneva iure Codicis indeterminato, con un nugolo di problemi irrisolti e un uguale nugolo di abusi. È intervenuto in questo punto recentemente un decreto generale della Segnatura Apostolica.
L’intervento si è reso necessario per il susseguirsi dalla fine degli anni Settanta di richieste alla Segnatura Apostolica da parte di singoli vescovi che chiedevano come comportarsi di fronte all’ingigantirsi degli archivi e delle spese per la conservazione degli atti. A questo si aggiungeva la preoccupazione per l’invadenza dell’autorità civile.
Le risposte furono particolari e comunque su due basi: conservazione dell’originale delle decisioni e conservazione dopo dieci anni degli atti su basi magnetiche o informatiche. Il silenzio della Dignitas connubii di fronte a richieste di episcopati perché fosse data una direttiva universale, spinse alla decisione della Segnatura Apostolica nel menzionato decreto. Essa si può riassumere in questi termini: i Moderatori dei Tribunali, che si trovano di fronte a questo grave disagio, possono disporre la distruzione degli atti giudiziali, che può avvenire a due condizioni, ossia che:
– la distruzione concerna gli atti di cause concluse da almeno vent’anni;
– sia assicurata la conservazione in perpetuo dell’originale o della copia autentica delle pronunce definitive e di quelle aventi forza di definitiva.
Il decreto limita l’ambito di applicazione alle cause di nullità matrimoniale, per le quali in molti tribunali vi è stato dagli anni Settanta un incremento esponenziale e, contemporaneamente, un incremento del volume degli atti giudiziali, dovuto a più fattori: l’avvento delle fotocopie, la rinuncia del giudice a moderare la produzione di documenti, la prassi irrazionale di trascrivere tutte le registrazioni delle escussioni così come giacciono, senza alcun filtro, la prassi, in alcuni Paesi di Common Law, di utilizzare gli affidavit per l’istruzione delle cause.
Il fenomeno non appare significativo negli anni precedenti agli anni Settanta, in cui le cause di nullità matrimoniale erano generalmente di numero esiguo e di volume ridotto: gli atti di queste cause non pongono seri problemi; il presente decreto affronta una vera emergenza presentatasi per gli anni successivi.
Il decreto non si applica alle causae iurium, che per il numero limitato non pongono seri problemi per la conservazione degli atti.
Le cause penali, poi, almeno in parte hanno una loro normativa codiciale universale propria (cf can. 489 § 2), in parte non pongono problema per la esiguità del loro numero.
Parimenti non entrano nel campo di applicazione i Tribunali della Sede Apostolica né i tribunali delle Chiese orientali.
Il decreto della Segnatura nella parte motiva manifesta alcuni auspici che hanno attinenza con la materia della conservazione degli atti.
Il decreto esprime nella parte motiva il principio fondamentale che la conservazione degli atti giudiziali dovrebbe per sé prolungarsi almeno fino alla morte di uno dei coniugi.
Il decreto proposto esprime inoltre sobriamente in un apposito capoverso l’auspicio che in futuro questa facoltà dei Moderatori sia sempre meno usata perché si utilizzino tecniche per ridurre il volume degli atti giudiziali delle future cause. E queste sono almeno accennate: «Animadverso ceterum quod iudicis competentis est nimiam actorum multitudinem refrenare sive ex sedula canonum applicatione (cf. praesertim can. 1527, § 1; art. 157, § 3 Instructionis Dignitas connubii) sive, quantum fieri potest, ex recentioribus mediis technicis, cum debitis cautelis applicandis».
Tra i mezzi menzionati il più semplice (e disponibile a tutti a costo zero) è la responsabilità del giudice ecclesiastico di fare da filtro cosicché negli atti rifluiscano solo gli atti necessari alla causa, resistendo alle parti che chiedono e pretendono che siano immessi negli atti documenti inutili per la causa.
Un’obiezione potrebbe attenere al pregiudizio arrecato all’amministrazione della giustizia dalla distruzione degli atti giudiziali, che potrebbe rendere impossibile l’esercizio posteriore di azioni giudiziarie.
Si deve anzitutto annotare che tra le impugnazioni solo la domanda di nuovo esame della causa può essere proposta «quovis tempore» (can. 1644 §1), ma questo non impedisce in perpetuo la distruzione degli atti giudiziali.
Non si deve trascurare poi che la conservazione degli atti giudiziali nella condizione in cui oggi spesso si trovano (si pensi alle fotocopie degli anni Ottanta), li renderà inutilizzabili tra non molto, se già non sono inutilizzabili. D’altronde le risorse necessarie per conservare utilizzabili questi documenti sono talmente elevate che non paiono, almeno per la maggior parte dei tribunali, a disposizione.
È parso ingiusto alla Segnatura Apostolica imporre una normativa uguale e rigida universale: troppo diverse sono le situazioni dei tribunali sotto il profilo economico e logistico, nonché quanto a numero di cause di nullità matrimoniale. I Moderatori (ordinariamente vescovi diocesani) hanno la sufficiente discrezione per valutare la opportunità di intervenire. Concentrarsi poi nella salvaguardia delle sentenze e dei decreti, in certi contesti, sembra l’unica possibilità di conservare utilmente qualcosa delle cause di nullità matrimoniali trattate e definite.
La decisione dei Moderatori dei tribunali sulla distruzione degli atti è comunque eventuale, non obbligatoria.
Esso è stabilito nel decreto della Segnatura Apostolica in vent’anni dalla conclusione delle cause: è il termine minimo al di sotto del quale il Moderatore non può disporre la distruzione degli atti; nulla vieta che il Moderatore, considerate le circostanze locali, possa disporre (come è auspicabile) un termine più elevato, prevedendo la distruzione degli atti delle cause terminate, per esempio, dopo trenta o quarant’anni dalla conclusione delle cause.
Oltre alla determinazione dei criteri fondamentali cui attenersi, fra gli effetti benefici del decreto generale si potrebbe verificare una maggiore attenzione a questo aspetto concreto dell’attività dei tribunali, ossia il destino degli atti giudiziali, attraverso, per esempio, il regolamento del tribunale (can. 1602 § 3), i decreti di erezione dei tribunali interdiocesani (cf cann. 1423; 1439) o i decreti esecutivi dei Moderatori dei tribunali, che potrebbero utilmente regolare i molteplici aspetti che riguardano gli atti giudiziali e non sono oggetto di normativa legislativa processuale canonica.
Montini, G.P., La conservazione degli atti dopo la conclusione della causa di nullità matrimoniale. Commento al Decreto Generale del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, in «Periodica de re canonica» 101 (2012) 673-706.
In ordine cronologico
Communicationes 38 (2006) 75; 101; 41 (2009) 373; 10 (1978) 264.
Per ulteriori approfondimenti si rimanda al sito monsmontini.it ove prossimamente saranno pubblicate le dispense aggiornate della parte statica del Corso di diritto processuale tenuto nella Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università Gregoriana.