His peractis, si adhuc et parochus renuat et Episcopus putet translationem esse faciendam, hic decretum translationis ferat, statuens paroeciam, elapso praefinito tempore, esse vacaturam.
Fatto quanto detto sopra, se ancora il parroco rifiuta e il Vescovo reputa che il trasferimento deve essere fatto, emani il decreto di trasferimento, decidendo che, trascorso il tempo stabilito, la parrocchia sarà vacante.
Weigert sich danach der Pfarrer weiterhin und glaubt der Bischof, die Versetzung sei vorzunehmen, so hat er das Versetzungsdekret zu erlassen und festzusetzen, dass nach Ablauf einer bestimmten Frist die Pfarrei vakant ist.
Can. 2167.
Il canone per la seconda volta (cf can. 1750) contempla la possibilità di un ripensamento del vescovo sulla decisione di trasferimento: una eventualità non prevista esplicitamente nella procedura per la rimozione. Ciò sta ad indicare la maggiore delicatezza (e strutturale incertezza) della questione, che non si gioca sul danno reale e attuale alla parrocchia proveniente dal ministero del parroco dannoso o inefficace, ma sul maggior vantaggio eventuale e futuro alla parrocchia ad quam o all’ufficio ad quod.
A questo ripensamento può contribuire anche il secondo rifiuto del parroco se adeguatamente motivato in risposta ad ulteriori ragioni addotte nel secondo invito.
Il decreto di trasferimento. Il canone 1751 § 1, evitando la inconsueta espressione del can. 2167 CIC17 («praecipiat ut intra certum tempus ad novam se conferat paroeciam»), in modo diretto prescrive che il vescovo emani il decreto di trasferimento.
La formulazione assoluta «decretum translationis ferat» comporta il rimando alla normativa generale (cann. 190-191) nonché alla normativa peculiare eventualmente inerente alla parrocchia e all’ufficio coinvolto nel trasferimento. Il decreto dovrà essere motivato (cf Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, decreto definitivo coram Iannone, prot. n. 50175/15 CA, n. 7). Questi rimandi dovrebbero consentire di risolvere tutte le domande che potrebbero sorgere sulla esecuzione del decreto di trasferimento.
La prima domanda che sorge attiene al tempo entro il quale il parroco trasferito deve prendere possesso della parrocchia ad quam o dell’ufficio ad quod. Nel caso della parrocchia ad quam spetta all’Ordinario del luogo determinare il tempo entro il quale deve avvenire la presa di possesso (cf can. 527 § 3; cf pure cann. 527 § 2; 542, 3°). Allo stesso modo – analogicamente e in assenza di norme speciali – si deve ritenere per gli altri uffici ad quae. La determinazione può essere inserita nel decreto di trasferimento, oppure in un decreto apposito; quest’ultimo può essere a firma del vescovo diocesano o di un altro ordinario competente, può essere emanato in un secondo momento e può anche essere modificato più volte. La determinazione del tempo della presa di possesso deve tener conto di tutte le circostanze del caso.
Il ricorso contro il decreto di trasferimento non sospende il dovere di prendere possesso della parrocchia o dell’ufficio di destinazione.
La seconda domanda concerne il momento della vacanza della parrocchia a qua. Il can. 1751 § 2 sembra imporre che nello stesso decreto di trasferimento, indipendentemente dalla presa di possesso dell’ufficio di destinazione, il vescovo decida il momento della futura vacanza della parrocchia a qua. La ratio di questa norma è evidente: fare pressione sul parroco trasferito perché ottemperi al trasferimento, evitando di cadere nell’impasse del can. 191 § 1, secondo il quale «nel trasferimento, il primo ufficio è vacante con il possesso del secondo ufficio canonicamente ottenuto». Questa norma potrebbe determinare una situazione di stallo: il parroco trasferito non prende possesso della parrocchia ad quam, neppure dentro il termine stabilito dall’Ordinario e il secondo ufficio diviene così vacante (cf. can. 527 § 3), e la parrocchia a qua continua a permanere legittimamente del parroco trasferito. Per questa ragione il can. 1751 § 1 si presenta in forma precettiva. Con questa decisione il momento della futura vacanza della parrocchia a qua:
– non necessariamente deve coincidere con la presa di possesso della parrocchia o dell’ufficio di destinazione;
– è sempre modificabile su richiesta o ex officio.
Grocholewski, Z., Trasferimento e rimozione del parroco, in Aa.Vv., La parrocchia, Città del Vaticano 1997, pp. 199-247.
McKay, G., Procedura per un ricorso gerarchico contro un trasferimento imposto (cc. 1748-1752), in QDE 5 (1992) 351-357.
Montini, G.P., Prospetti di procedura amministrativa. 3. Il trasferimento del parroco, in QDE 32 (2019) 321 e prospetto allegato al fascicolo 3.
Communicationes 8 (1976) 200; 11 (1979) 295-296; 40 (2008) 395-396; 399; 41 (2009) 447.